giovedì 29 ottobre 2020

L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI

 In una cascina vicino a Bergamo alla fine del secolo scorso, cinque famiglie di contadini vivono, lavorano, amano, soffrono. Una ragazza sposa uno dei giovani. Il loro viaggio di nozze a Milano è movimentato dalle repressioni, da parte delle truppe di Bava Beccaris, delle manifestazioni popolari. L'albero del titolo è quello che uno dei contadini taglia per fare gli zoccoli per il figlio. Il padrone viene a saperlo e scaccia la famiglia. 

Ermanno Olmi ritrova fiato ed estro poetico mettendo in immagini le storie contadine dei suoi nonni. Il film circola in due versioni (una italiana e l'altra in bergamasco non proprio stretto, doppiata dagli stessi attori non professionisti). Grande successo in Italia e in tutto il mondo (Palma d'oro a Cannes). In oltre tre ore di proiezione (nell'originale era uno sceneggiato tv) molte le scene indimenticabili (come la semina sotto la prima nevicata, un gesto consumato come in una sacra funzione).

https://www.avvenire.it/agora/pagine/la-lezione-di-olmi-e-del-suo-albero-degli-zoccoli


 ARISTIDE GABELLI E LA LEZIONE DI COSE

Aristide Gabelli può essere agevolmente considerato il maggior pedagogista italiano del secondo Ottocento, si colloca all'interno del movimento del positivismo che rispecchia l'orientamento culturale che prese l'avvio proprio intorno alla metà dell'Ottocento. 
Esso si caratterizza, un'attenzione ai fatti comprovabili, e di conseguenza fa particolare affidamento sul metodo scientifico, dedicandosi allo studio e all'analisi unicamente dei fatti concreti, senza nessuna concessione alla fantasia o ai ragionamenti metafisici che abbiamo visto essere tanto cari ai pensatori degli anni precedenti.

La visione di Gambelli è contestualizzabile all'interno del clima post unitario che stava vivendo l'Italia in quel periodo (1880 circa, dove il più grande problema era dato dall'avanzato livello dell'istituzioni politiche e civili che avevano permesso l'unificazione della penisola contrapposto però a una notevole arretratezza a livello di popolo. Per Gabelli lo scopo dell'educazione doveva essere il bene comune, e quindi assegna alla scuola il delicato ruolo di formare gli italiani
La sua proposta educativa, nel concreto, è comunque piuttosto moderata: si tratta di promuovere la libertà di pensiero attraverso l'impiego di una modalità di insegnamento basata sul metodo scientifico ed empirico.

A livello metodologico, molto forte è la critica che il Gabelli avanza nei confronti delle strategie didattiche tradizionali, atte alla trasmissione di valori in modo dogmatico più che allo sviluppo del ragionamento logico: l'alunno deve essere in grado di pensare con la propria testa. Infatti, la fonte della sua riflessione riguarda se ci sia veramente un'utilità nella scuola elementare, considerando che le informazioni presso esse impartite vengono subito dimenticate. Giunge dunque alla conclusione che siano necessari maestri che impartiscano in modo consono le informazioni: con il metodo induttivo.

Egli suggerisce dunque un investimento sul metodo scientifico, visto come formativo in quanto, partendo dall'esperienza diretta, esso porta allo sviluppo dello spirito di ricerca, della capacità di analisi, dello spirito critico. L'importanza della scuola è posta dunque dalle cose che vengono effettivamente insegnate a come vengono insegnate: non sono più solo i contenuti che vanno a incidere sulla formazione dello studente, ma anche il modo con cui gli vengono presentati.
A differenza di Herbert, Gabelli pone maggiore attenzione alla psicologia dell'alunno piuttosto che alla portata dei contenuti scolastici: egli è attento alle dinamiche infantili e rende il fanciullo un protagonista attivo e consapevole del processo educativo.






DOMANDE PAGINA 290

1. la riflessione che viene fatta riguardo la scuola elementare riguarda se sia vermante utile, considerando che spessp le informazini impartite vengono subito dimenticate.

2. Herbert favoriva un impegno nel rendere gremiti i contenuti dell'insegnamento, mentre Gabelli era più attento alo sviluppo del ragionamento logico da parte del fanciullo.


IL MUTUO INSEGNAMENTO 

 Nello stesso periodo in cui ebbero diffusione le teorie di Herbert si ebbe la nascita di un'altra tipologia di medito, chiamato "mutuo insegnamento" atto a formare i ceti popolari. Coloro che lo fondarono furono gli inglesi Andrew Bell e Joseph Lancaster i quali ebbero la stessa idea: avvalersi degli studenti più colti per aiutare i principianti. Era un metodo rapido ed economico di istruire 

Nelle scuole mutue l'insegnamento era limitato alla lettura, alla scrittura e al calcolo, e per le bambine il cucito. Le lezioni avvenivano in grandi stanca in cui moltissimi alunni si raccoglievano attorno ai loro coetanei insegnanti; quest'ultimi erano gli unici ad imparare direttamente dai professori. 

Le classi erano fornite di grandi cartelloni con l'alfabeto e le operazioni aritmetiche semplici. I gruppi di allievi, secondo il livello di preparazione, passavano da un cartello all'altro. I principianti si esercitavano nella composizione delle lettere e di calcoli: soltanto quando erano più esperti cominciavano a scrivere sulla lavagna e poi sui quaderni.

Nel corso dell'Ottocento, questo tipo di scuola ottenne successo presso i progressisti liberali, che giudicavano questo metodo come buono per abbattere il diffuso problema dell'analfabetismo per migliorare le condizioni di vita popolari.


DOMANDE PAGINA 288

1. il mutuo insegnamento si avvaleva degli studenti più colti per aiutare i principianti.

2. le esperienze dalla quelli egli prese ispirazioni furono quelle fatte presso i suoi anni di missionario in India.

3. una delle critiche che fu mossa a questo metodo di insegnamento furono la sua base troppo mnemonica e simile ad una catena di montaggio.

4. questo metodo permise di abbassare il tasso di analfabetizzazione.


LA PEDAGOGIA DI HERBERT

Johann Friedrich Herbart può essere considerato il primo pedagogista nel senso moderno dell'espressione. Egli dà infatti una risposta alla natura della pedagogia: secondo lui, essa è una disciplina che comprende da un lato la filosofia morale per l'individuazione di infine educativo, e dall'altro la psicologia per le modalità attraverso le quali avviene l'apprendimento. Possiamo cogliere in modo lampante l'esempio kantiano: l'educazione ha una finalità morale personale e di conseguimento delle virtù. Per quanto riguarda la psicologia egli considerava la conoscenza umana come un processo che regola il flusso continuo di rappresentazione che varcano la coscienza. Associandosi, differenziandosi, componendosi, tali rappresentazioni anno a formare il quadro generale  del nostro sapere.                                                      Ogni affetto, ogni desiderio, ogni volontà consistono in rappresentazioni che diventano mano a mano più elevate, fino a raggiungere le idee modello quali libertà, perfezione, benevolenza, diritto, equità. Se questo processo non è ordinato secondo regole precise e seguito da un adulto, la crescita intellettuale e morale produrrà una personalità adulta pronta ad assumere le proprie responsabilità. Il processo di apprendimento intellettuale consiste dunque nella promozione ben concatenata e graduale di rappresentazioni tese a trasferire nel soggetto conoscenza e plasmare la moralità: l'istruzione educativa.

La pedagogia di Herbert si propone come scienza pratica, ovvero impegnata a definire sia i fini che i modi per conseguirli.                                                                                                                                                       Sul piano del metodo fa tesoro sia degli insegnamenti di Pestalozzi sia delle sue esperienze come insegnante, creando un impianto generale caratterizzato da governo, disciplina o cultura morale e una didattica specifica. Egli sosteneva infatti che il punto di partenza di una buona educazione fosse un ambiente bene organizzato, nel quale gli alunni sono continuamente assistiti.  Bisogna inoltre abbinare una specifica caratterizzazione personale. Questo è possibile grazie a due  modalità: l'impiego di premi e castighi e la costruzione di una disciplina interiore tramite l'apprendimento. E' inoltre necessario uno sforzo per creare la moralità mediante l'esercizio intellettuale. Impegno nell'apprendimento esercito la volontà e costituisce per formare il senso etico personale.

L'impianto metodologico herbertiano prevede una serie di dettagliate prescrizione didattiche destinate agli insegnamenti, tra cui spiccano la necessità di chiarezza, associazione, ordine sistematico e metodo. Bisogna che l'educazione sia proporzionata all'età del bambino.


DOMANDE PAGINA 286

1. un aspetto che Herbert prende della filosofia kantiana è la finalità morale personale e di conseguimento delle virtù dell'educazione.

2. la sua pedagogia è caratterizzata da un impianto generale, caratterizzato da governo, disciplina o cultura morale e istruzione e una didattica specifica.

3. le discipline e la formazione del carattere hanno lo scopo di formare l'individuo nella sua moralità.

4. l'insegnante deve guadagnare chiarezza, associazione, ordine e metodologia.


LA MODERNITA' E L'EDUCAZIONE

 A partire dal XIX secolo andò a configurarsi quella società che noi chiamiamo moderno, ovvero che riconosce la necessità di essere alfabetizzata almeno a livello basilare e che vede nella generalizzazione della scuola il mezzo per rendere i bambini adulti all'altezza dei tempi, capaci di inserirsi nella vita sociale e produttiva in modo attivo.

La diffusione delle scuole era sostenuta sia dagli esponenti della modernità, ma anche da chi ne diffidava pensando che essa avrebbe annichilito la parte tradizionale e religiosa della vita: entrambi sostenevano l'essenzialità della scuola per l'attuazione di un processo di progresso, assolutamente necessario.

Il modello di vita borghese era considerato un esempio e andava esteso anche ai ceti sociali più poveri . A questo scopo furono attivate le tecniche di self-help secondo le quali ciascuno possiede le capacità per migliorare la propria condizione.


DOMANDE PAGINA 282

1. il termine modernità fa rifermento a quella società che sostiene la necessità dell'alfabetizzazione generale per ottenere il progresso.

2. coloro che criticavano l'idea di modernità ritenevano che essa avrebbe annichilito la parte religiosa e tradizionale della vita.

3. la scuola è la chiave per l'attuazione di un processo di sviluppo della società.






 I NUOVI LIBRI DI TESTO

In seguito alla laicizzazione della scuola si dovette compiere un ulteriore passo: la laicizzazione dei libri di testo. 

Comparvero a tale scopo i libri pubblicati dagli illuministi come Basedow,  trasmettevano valori laici, senza escludere il rispetto di quelli religiosi: elogiavano la laboriosità, l'uomo della ragione e inducevano ad amare la scuola. Questi ammonimenti avevano lo scopo di mantenere l'ordine sociale.

Sul piano didattico questi libri proponevano l'insegnamento dell'alfabeto attraverso testi brevi; non mancavano i testi scientifici, nei quali si spiegava l'utilità pratica. In generale miravano a stimolare il ragionamento negli alunni, non la memorizzazione come facevano i testi religiosi.

Gli insegnamenti morali erano veicolati da esempi, in cui ad un'azione buona corrispondevano ricompense positive e viceversa; tutto in chiave laica ovviamente: non vi era alcun riferimento al peccato divino.

Il tema dell'utilità della scuola ritornava con insistenza: nelle comunità sopratutto campagnole era necessario stimolare le persone a voler intraprendere un percorso scolastico.



DOMANDE PAGINA 252

1. i libri di testo tradizionali contenevano insegnamenti morali religiosi.

2. i libri cercavano di trasmettere il buon comportamento per mantenere la società disciplinata e l'amore per la scuola.

3. i libri di Falbiger presentavano insegnamenti morali di matrice laica, ma con accenni alla religiosità; dal punto di vista didattico proponevano l'insegnamento di materie sia umanistiche che scientifiche, atte a stimolare il ragionamento logico, non l'apprendimento mnemonico.

  


LA RIFORMA SCOLASTICA DI MARIA TERESA E GIUSEPPE II 

Tra gli anni sessanta e settanta del 1700 tutti gli istituti scolastici furono chiamati a riorganizzare i propri sistemi scolastici, al fine di sostituire ai gesuiti dei nuovi insegnanti. 

Particolarmente importante fu quello che accadde durante l'impero di Maria Teresa e suo figlio Giuseppe II i quali diedero vita a riforme che gettarono le basi del moderno sistema scolastico direttamente gestito dallo Stato. I sovrani erano infatti convinti che fosse loro dovere prendersi cura del popolo; inoltre l'estendere la scuola a tutto il popolo avrebbe fatto crescere il tasso di istruzione e l'autodisciplinamento, ma anche una fedeltà nei loro confronti.

Garantire l'istruzione al popolo lo avrebbe reso in grado di pensare, e di conseguenza anche di rivoltarsi; non concedergliela però avrebbe significato andare contro gli ideali illuministici stessi: i sovrani riuscirono a garantire questo equilibrio.

La loro riforma era quasi priva di punizioni: insegnare la ragionevolezza delle leggi era più utile che punire e basta.


LE RIFORME DI JOHANN IGNAZ VON FELBIGER

Nel 1765 l'abate Von Felbiger stilò dei provvedimenti simili a quelli degli imperatori, ma applicandoli per i sudditi cattolici della Slesia, area prevalentemente protestante. Notò che molti cattolici mandavano i loro figli nella scuole luterane, in quanto in quelle cattoliche l'apprendimento non era altrettanto di qualità; tentò così di ampliare la scuola anche a questa fede, dandogli un'impronta prevalentemente cattolica. 

Nel 1774 fu chiamato da Maria Teresa a Vienna per introdurre alcuni miglioramenti necessari nel sistema scolastico austriaco, avviando il sistema scolastico detto "normale".  Tale metodo permette di organizzare una serie di norme didattiche molto dettagliate per l'apprendimento della lettura, della scrittura, del calcolo e del catechismo.

La sua riforma, che prevedeva di rendere la scuola primaria obbligatoria, fu resa possibile grazie all'esproprio dei beni della Compagnia. Così nello stesso anno la sovrana firmò l'ordinanza stesa da Felbiger che imponeva l'obbligo scolastico ai fanciulli di entrambi i sessi dai sei ai tredici anni e istituiva le scuole elementari minori, dalla durata di un anno, in cui venivano insegnate le abilità di base. Poi vi erano le scuole elementari maggiori, dalla durata di tre o quattro anni, e le scuole normali. In quest'ultime vi erano i corsi di formazione per maestri.

Nel 1778 fu nominato direttore principale del sistema scolastico austriaco, carica che mantenne fino a dopo la morte di Maria Teresa. Giuseppe II continuò il processo di riforma, rendendo le scuole elementari gratuite e favorendo la laicizzazione del corpo docente. La politica asburgica ebbe l'effetto di raddoppiare il numero delle scuole e migliorare la formazione dei maestri. Però, siccome alcune scuole erano situate in campagna ed altre in città, le quali potevano pagare meglio i maestri, nacque il concetto di status, legato al grado di istruzione che si richiedeva agli insegnanti: nelle campagne lo erano molto meno.

Molti giovani iniziarono a dedicarsi a questa professione, mentre i sacerdoti sempre meno, considerando che non riuscivano a convogliare il lavoro pressala chiesa con l'insegnamento. Possiamo affermare che al maestro religioso si sostituì quello laico.

Una novità fu l'introduzione delle maestre laiche: le ragazze poterono così accedere ad un lavoro rispettabile.

Questa necessità di formare maestri sempre più competenti in ambito pedagogico e didattico, spinse l'impero a fondare, nel 1805, la prima cattedra di pedagogia all'università di Vienna; il primo insegnante fu Vinzenz Eduard Milde, sensibile alle proposte dell'illuminismo, ma anche legato alla fede cristiana.

Nella Lombardia austriaca questa riforma ebbe grande successo; si diffuse poi nel resto della penisola in epoca napoleonica.

Il caso asburgico fu però isolato in Europa: raramente i governi si mostrarono propensi ad accogliere tali riforme.


DOMANDE PAGINA 250

1. la sovrana volle promuovere una riforma del sistema scolastico per rendere il popolo in grado di pensare, seguendo gli ideali illuministi.

2. l'ordinanza stesa da Felbiger imponeva l'obbligo scolastico ai fanciulli di entrambi i sessi dai sei ai tredici anni e istituiva le scuole elementari minori, dalla durata di un anno, in cui venivano insegnate le abilità di base. Poi vi erano le scuole elementari maggiori, dalla durata di tre o quattro anni, e le scuole normali. In quest'ultime vi erano i corsi di formazione per maestri.

mercoledì 28 ottobre 2020





L'ISTRUZIONE FEMMINILE

E' necessario specificare che l'educazione era fino ad ora esclusivamente rivolta ai maschi: l'educazione delle ragazze era unicamente orientata all'ambiente domestico, con una forte matrice religiosa.

In ogni caso, nel corso del 1600/1700 si registrò un periodo di trasformazione delle consuetudini, che regolano i rapporti tra le donne e gli uomini, che portò all'affermazione dell'importanza di un'alfabetizzazione quantomeno primaria delle donne.

Come accadeva ormai da secoli, le ragazze venivano educate in casa da parte delle madri, all'onorabilità (per garantire il mantenimento del buon nome della famiglia). Le ragazze più ricche potevano permettersi un precettore, ma prevaleva in ogni caso l'interiorizzazione dei comportamenti all'apprendimento di nozioni. solo le ragazze più ricche potevano ambire ad un'educazione superiore, ricevuta nei conventi o in congregazioni femminili. A differenza dei collegi maschili, le ragazze affiancavano alle nozioni di storia e geografia in lingua volgare, anche lezioni di lavori domestici e cucito (se particolarmente abbienti potevano aggiungere lezioni di danza, musica e disegno). Accadeva che anche le ragazze povere potessero accedere a questi collegi; a loro venivano impartiti però solo i concetti rudimentali dell'alfabeto. Le ragazze, a differenza dei maschi, potevano accedere in qualsiasi periodo dell'anno alle strutture.

Nel corso del 18esimo secolo sorsero nuove iniziative in ambito religioso, considerano la trascuratezza che si era verificata fino ad ora. Nacquero così dei gruppi atti alla formazione di suore.

Nel frattempo però iniziarono ad emergere le prime insegnanti laiche le quali rappresentavano una sempre crescente richiesta di scolarizzazione.


DOMANDE PAGINA 239

1. nel '600 l'ideale a cui si dovevano attenere le ragazze era religioso dei buona moralità.

2. a loro veniva insegnata storia, geografia e mestieri casalinghi.

3. gli educandi erano dei collegi femminili in cui le ragazze ricevevano lezioni culturali ma anche pratiche e casalinghe.


   


LA NASCITA DELLA PEDAGOGIA EMPIRICA: ITARD

 Nel 1800, nel dipartimento francese dell'Aveyron, un gruppo di cacciatori trova in una foresta, un bambino che catturano. Ha un aspetto nudo e sudicio; viene accolto in un piccolo villaggio dove desta l'interesse e la curiosità degli abitanti. La sua condotta si rivela ben presto incompatibile con il vivere del paese: egli graffia e morde chi gli si avvicina, ringhi e ruggiti sono la sua unica possibilità di comunicazione.

 La voce si sparge ed accende la curiosità di Parigi: il ragazzo viene portato in città dove viene rinchiuso  nell'Istituto per Sordomuti, sotto l'osservazione di psichiatri e psicologi. Soltanto il medico Itard, rifiutando la tesi dei colleghi che reputano il bambino un ritardato mentale irrecuperabile, decide di approfondire lo studio tentando un'educazione. Grazie a questo caso egli era convinto di poter finalmente t
rovare l'uomo appartenente allo stato di natura di cui aveva parlato Rousseau.

Il bambino viene così condotto a casa del medico che inizierà a prendersene cura cercando un possibile reinserimento del selvaggio nella vita sociale. Così, insieme alla governante Madame Guérin, dà inizio ad un processo di apprendimento apprendimento, con le rispettive ricompense e punizioni. Tale metodo si configurava nelle tecniche stilate dalla pedagogia sensista e rousseauniana, con metodi didattici in grado di suscitare l'interesse e di promuovere significativi progressi.

 È proprio durante una prova di apprendimento dei suoni delle vocali che il bambino viene chiamato Victor, per il suo strano modo di girarsi nel momento in cui sentiva “oh”. I progressi di Victor si riassumono nella comprensione di piccole domande abbinate a dei compiti estremamente semplici, come “portami dell'acqua” e nella sfera sensoriale  razionale, ma si fermarono quando si tentò di acquisire competenze legate all'astrazione. 

Crescerà col tempo il timore, da parte del medico, di una possibile fuga del ragazzo, dal momento in cui si legge in lui un'irrefrenabile voglia di libertà; la luna sembra rasserenarlo quando è alta nel cielo, e niente gli dà più sollievo che bere dell'acqua osservando candidamente la foresta innanzi a lui.


Per la prima volta, Itard confermò a livello empirico l'impossibilità di fornire ad un essere umano gli insegnamenti non ricevuti nel momento opportuno: il bambino che non dispone di cure amorevoli nei primi anni di vita perde per sempre le possibilità di sviluppare le proprie capacità cognitive, nonostante sia sano a livello biologico. Da questo il medico concluse che l'uomo allo stato di natura, ovvero non seguito da una società, è imperfetto ed incompiuto.

Da questo si può concludere che, come Richter, Itard vede nel bambino il futuro della società intera in potenza. I due però stipulano le loro conclusioni su basi diverse; possiamo dunque affermare che sia la ragione che l'affettività sono mezzi impostanti per il raggiungimento di un uomo completo. Con i due autori si vide nascere la pedagogia come scienza.


Riguardo questo caso fu anche prodotto un film, nel 1970:



DOMANDE PAGINA 237

1. per educare Victor fu adotta la pedagogia di Rousseau, ma anche nuove tecniche di educazione inventate da itard.

2. egli concluse che l'uomo allo stato di natura è imperfetto e che dunque necessita di un supporto sociale per sviluppare le sue competenze.

3, sia Richter che Itard elogiarono il contributo empirico, nel primo caso, e realistico, nel secondo caso, sull'investigazione pedagogica.


PEDAGOGIA

 JOHANN PAUL FRIEDRICH RICHTER E LA FIDUCIA NELL'INFANZIA

Il dibattito illuministico sull'infanzia e sulla capacità cognitive dell'uomo andarono ad influenzare anche il periodo romantico, dando origine a due diverse correnti di pensiero, distinte ma complementari: la prima ispirata da una concezione romantica dell'infanzia interessò soprattutto filosofi ed educatori; la seconda, più incentrata sulla concezione organica dell'essere umano, interessò i medici. Questa doppia visione andò ad allargare gli orizzonti pedagogici generali.

Due autori che fecero da precursori a questo movimento furono Richter ed Itard.


FRIEDRICH RCHTER: VITA E OPERE

Figlio d'un pastore protestante, studiò teologia a Lipsia (1781-84), fu precettore a Töpen (1787), e poi maestro a Schwarzenbach (1790-94). Condusse una vita stentata, che lo mise a contatto con le miserie della piccola borghesia, da lui vivacemente descritte nei romanzi. Ottenne un primo riconoscimento con Die unsichtbare Loge  ed altri romani pedagogici, in cui già spiccano la bizzarria, l'estro, la genialità che fecero di lui uno degli autori preferiti dell'epoca. Col successo lo scrittore entrò nel mondo dell'aristocrazia; invitato da Charlotte von Kalb si recò a Weimar, e vi rimase alcuni anni, sebbene accolto piuttosto freddamente da Goethe e da Schiller. Sposatosi, si trasferì a Meiningen, dove terminò i due più importanti romanzi: il Titan (1800) e i Flegeljahre (1804), nei quali la fusione tra il sentimento della realtà e il bisogno di fantasticare s'è fatto più profondo, e il linguaggio più ricco, pieno di sorprese e di occulta musicalità. Compose diverse opere filosofiche  come Vorschule der Ästhetik (1804) e pedagogiche (Levana oder Erziehungslehre, 1807)  nelle quali documentò l'evoluzione che il pensiero di Rousseau e l'ideale didattico di Pestalozzi subirono entro la nuova atmosfera classico-romantica e descrisse il bambino come garanzia per un futuro migliore. Nella sua composizione pedagogica traspare grande sensibilità ed empatia nei confronti del mondo infantile. In ottica poetica, egli descrive il mondo il bambino come speranza per il mondo del domani e come depositario di capacità di guardare la realtà in modo giusto, ovvero in modo ottimista ed ingenuo.

Compose negli ultimi anni della vita ancora racconti comico-satirici: Dr. Katzenbergers Badereise (1809); Der Komet (3 voll., 1820-22), che ricordano da vicino la maniera girovaga e allusiva degli umoristi inglesi. Nell'ultimo anno della sua vita divenne cieco. Fra i molti che in seguito si richiamarono a Richter, furono, sia pure con motivazioni e con esiti assai diversi, George e Hermann Hesse.

Uno degli autori da cui rese maggiore ispirazione fu sicuramente Rousseau, con il quale condivideva la necessità di regole prestabilite per l'insegnamento e la necessità di convogliare lo studio con il gioco.

Nelle sue opere egli descrive scenari plausibili e realistici, attraverso quali l'adulto viene guidato alla scoperta dell'infanzia e di se stesso; ne è un'emblema Levana, testo nel quale attraverso la poesia  vengono portati avanti ideali educativi di buonsenso, in modo aggiornato ed innovativo per l'epoca: in contraddizione con l'epoca egli porta avanti un ideale di rispetto reciproco tra alunni e professori.


DOMANDE PAGINA 235

1. il modello di rifermento per Richter è Rousseau.

2. egli vedeva nel bambino la chiave per un futuro migliore.

3. In contraddizione con l'epoca, Richter propone un ideale di rispetto reciproco tra insegnante e bambino.

martedì 27 ottobre 2020


FREIDRICH NIETZSCHE E LE CNSEGUENZE DELLA SECOLARIZZAZIONE

Friedrich Nietzsche nasce nel 1844 a Rocken, nella Germania prussiana e fu una elle menti più brillanti del secolo. Alla sua intelligenza era però legata una fortissima pericolosità: egli infatti portò a galla una verità mai pronunciata concretamente, ma che di fatto costituiva una realtà. Nella sua opera La gaia scienza egli annuncia la morte di Dio. Questa affermazione potrebbe sembrare puramente di scherno nei confronti del mondo religioso, ma in realtà nasconde una profondità molto vasta. Per capire meglio le sue parole è necessario ricordare che Nietzsche nasce in piena seconda rivoluzione industriale, la quale presenta come caratteristica portando l'innovazione delle scienze esatte quali chimica, fisica, matematica, ecc. Come è risaputo, queste discipline hanno lo scopo di indagare la natura del mondo circostante a livello microscopico; per questa ragione molto spesso si trovano in antitesi con la religione. A livello sociale, la spinta verso l'evoluzione delle scienze ha portato ad una sfiducia nelle realtà teologiche, alla perdita del senso religioso della vita umana. Questa è la morte di Dio; il filosofo prevede che parallelamente a questo fenomeno andrà ad instaurarsi una depressione generalizzata tra le persone, le quali hanno completamente perduto l'appiglio confortante di Dio e quindi tornano ad avere paura della morte. Decadono tutti gli idoli, tutte le idealizzazioni sull'aldilà e su una possibile vita migliore.

In sociologia il processo descritto da Nietzsche prende il nome di secolarizzazione: lui però ha aggiunto alla teoria anche le possibili conseguenze sociologiche che ne potrebbero derivare.



 LA SECOLARIZZAZIONE

IL SACRO E LA RELIGIONE

Fin dagli albori della coscienza umana il sacro è stato un elemento essenziale alla vita, considerando il fatto che tramite esso la società si misura. Spesso, i primi uomini, finirono per sentirsi irrilevalmente piccoli nei confronti della natura, la quale imponeva i suoi artefici indipendentemente dal loro controllo. La religione ha cercato di dare un senso a questa irrazionale inquietudine, traducendola in spiegazioni razionalmente comprensibili. Da qui è poi nato il concetto di giusto e sbagliato: bisogna seguire la parola di Dio per non incorrere nell'ira divina, poiché si è nati peccatori e Dio è provvidenza e misericordia.

Con questa premessa possiamo capire come anche la religione abbia regole; grazie precedenti studi sociologici possiamo dedurre che dove ci sono regole c'è di conseguenza anche una struttura che le organizza. Facendo un passo avanti, concludiamo che anche il sacro ed il religioso si istituzionalizza, quindi assume modelli di comportamento a cui i fedeli si adattano; questo ha la finalità di permettere alla religione di continuare ad esistere.

Tra gli elementi visibili che vanno ad istituzionalizzare una dottrina troviamo la fede: un'adesione affettiva ed intellettuale a un essere soprannaturale; la dottrina prende dunque le sembianze di tutti i fattori prima elencati, in un unico corpo. Quando la fede trova la sua espressione, perché si mantenga è necessario il supporto del rito, ovvero un complesso di norme che regolano lo svolgimento dell'azione sacra. Come è facile dedurre, spesso capita che sorgano degli organi atti al mantenimento di queste ritualità e alla rappresentazione della religione stessa: nel caso del cristianesimo, la Chiesa.


LA SECOLARIZZAZIONE

Nella società moderna la necessità di avere un credo religioso è sempre minore: in sociologia la graduale espulsione del sacro dalla società prende il norme di secolarizzazione. Questo accade per due motivi, che ora vedremo.

Nel primo caso accade che lo Stato e le istituzioni sociali in generale, vadano sempre maggiormente ha favorire un'impostazione laica e razionale, che non prediliga alcun tipo di credo.

Nel secondo caso invece  personalmente gli individui tendono a scegliere per la loro vita, sempre meno strettamente al mondo religioso.

E' necessario però necessario specificare che il processo di secolarizzazione non va ad eliminare il riferimento religioso dalla vita umana: anzi, spesso parallelamente alla secolarizzazione si sviluppano nuovi modi di vivere la religione. Infatti, come afferma il filosofo Charles Taylor, nella società moderna è possibile scegliere in che cosa credere o di non credere, in base alle proprie esigenze e sensibilità. 

All'interno di un ambiente secolarizzato, le religioni non sono più portatrici di verità assolute, ma di verità tra le altre: esse non hanno più la pretesa di impartire dogmi a una quantità di persone elevata, ma di diffondere il loro credo a chi lo voglia accogliere.


 DOMANDE PAGINA 308

1. il sacro all'interno della società è sopravvissuto tramite l'istituzionalizzazione.

2. il sacro istituzionalizzato si caratterizza per norme ben definite da seguire, imposte dalla comunità religiosa o dall'organizzazione stessa.

3.il processo di secolarizzazione è la graduale scomparsa del sacro all'interno della società. Può avvenire a livello collettivo tramite la laicizzazione delle istituzioni sociali, o a livello personale a causa delle nuove scelte prese, in base ad esigenze che trascendono sempre maggiormente dalla sfera religiosa.

4. nel mondo contemporaneo il sacro si è affermato tramite la nuova libertà data agli individ
ui di credere o non credere, ma sopratutto inc he cosa credere; parallelamente le stesse istituzioni religiose hanno perso la presa di impartire verità assoluta, favorendo la liberà di credo.





venerdì 23 ottobre 2020

LA PRODUZIONE FAMILIARE

La famiglia è per sua naturaanzitutto l'istituzione attraverso la quale la società produce se stessa. Nelle società premoderne la famiglia era anche il mezzo di produzione e di consumo di beni. Oggi invece lo stesso non avviene: è infatti il singolo individuo a lavorare in fabbrica. Nonostante questo la famiglia continua a rappresentare un soggetto economico come somma delle attività e dei reditti dei suoi membri.

LA DISTINZIONE TRA UOMO E DONNA

Per lungo tempo furono gli umoni e i giovani d entrambi i sessi a lavorare nelle fabbriche, mentre donne erano propense a dedicarsi ai lavori casalinghi, come la trasformazione dei beni, il mantenimento dei possedimenti e dei servizi a cura di bambini ed anziani. Questo portò all'individuazione di compiti specifici, legati ai sessi.

A ciò corrispose anche il progressivo diffondersi di una famigia nucleare.

IL RUOLO DELLA DONNA

In questo contesto si andò parallelamente a fondare l'idea del così detto dobbio salario dell'uomo: egli viene pagato non solo per il lavoro che svolge, ma anche in funzione del fatto che doveva mantenere la falmiglia. Questo ha ovviamente causato un ulteriore scoraggiamento del ruolo della donna all'interno del contesto lavorativo extradomestico.

 E' dunque nelle società industrializzate che si diffonde l'ideale della donna casalinga.

All'inizio del '900 le donne furono introdotte nel sistema di fabbriche, grazie alla catena di montggio. Nel corso del secolo di assistette al loro inserimento nel sistema bancario, di assicurazioni, di sistemi pubblici, non concedendoli però le possibilità di raggiungere cariche alte.

Nacquero al contempo delle figure lavorative considerate prettamente femminili come insegnanti, infermiere e assistenti sociali. Questi sono ruoli legati pur sempre ad ambiti di cura o educazione, seguendo lo stereotipo.

Nel corso degli anni Sesanta e Settanta del novecento di vide un fortissimo incremento dellla presenza femminile nei contesti lavorativi, pur rimanendo di importanza marginale. Per una emancipazione più consistente si dovettero spettare ancora una decina d'anni, in cui la donna potè intraprendere ruoli di amministrazione e direzione. Un grande problema rimaneva comunque la differenza di retribuizione tra uomo e donna nonostante le varie misure attuate per migliorare la situazione.

DOMANDE PAGINA 303
1. il processo di individualizzazione nella famiglia ha portato alla creazione di ruoli personali legati sia al contesto familiare che lavorativo.

2. con questa esprezzione si intende l'individuazione di determinati comportamenti che è considerato consono mantenere in determinati contesti.

3. il matrimonio oggi è concepito come atto di amore verso la famiglia, mentre una volta era una convenzione economica nella maggioranza dei casi. 

DOMANDE PAGINA 305

1.all'inizio del xx erano favoriti lavori come l'educatrici, le infermire e le assistenti sociali.

2. il principio del doppio salario per l'uomo si basava sul presupposto che il mantenimento della famiglia era a suo carico.

3. oggi le donne in ambito lavorativo sono completamente emancipate almeno in via teorica, anche se le discriminazioni e i diari di salario non mancano.

 LA CRITICA DI MARX ALLA RAZIONALIZZAZIONE DEL LAVORO

 Se il processo di razionalizzazione del lavoro ha influito positivamente sulla società occidentale, portandola ad un alto livello di benessere; al contempo però furono anche tante le problematiche.

Fu in particolar modo Karl Marx a denunciarne ne aspetti negativi. Secondo la sua analisi laumento della produttività andrebbe a favorire unicamente l'imprenditore e non l'intera collettività, nella misura in cui l'operaio veniva retribuito sempre meno. La divisione del lavoro diventava fonte di disuguaglianza perchè contrapponeva la classe degli imprenditori, che possedevano i mezzi di produzione e svolgevano lavori intellettuali e organizzativi, ai proletari che disponevano solo della loro capacità di lavorare.

La razionalizzazione richiede l'impiego di personale poco qualificato, nella misura in cui i processi prduttivi siano standardizzati. A causa di questo, gli oprai sono considerati pressapoco come degli ingranaggi della fabbrica. Decade dunque l'intera sfera emozionale.


L'ALIENAZIONE SECONDO MARX

Marx sottolineò inoltre, come la ripetizione di una mansione sempre uguale porti l'operaio a non comprendere veramente lo scopo del suo lavoro. L'operaio non è più padrone del proprio lavoro, ne è estraniato. Il lavoro dievnta dunque solo un modo per procurarsi da vivere attraverso il guadagno, considerando anche che vi è anche un'estraneazione totale dal prodotto finale. Marx chiama questo fenomeno alienazione. Essa costituisce non solo la vita lavorativa dell'individuo, ma l'anima dell'intero sistema capitaista.

Studi successivi hanno dimostrato come l'alienazione non si limiti unicamente al sistema industriale, ma tocchi diversi ambiti. Per la moderna sociologia l'allienazione costituisce una condizione di impotenza ed isolamento, di estraneità e di mancanza di significato.


PAGINA 301 DOMANDE

1. Marx nella sua analisi prende in considerazione il divario tra posseditori di fabbrica e produttori.

2. Alienazione rappresenta per Marx la perdita di significato dell'attività produttiva da parte del lavoratore, considerando che egli spesso non conosce il prodotto finale.

3.l'automatizzzazione si è diffusa nel sistema industriale e in quello dei servizi.

 SOCIOLOGIA

LA RAZIONALIZZAZIONE DEL LAVORO

 L'esistenza della maggior parte degli esseri umani è scandita dai vincoli imposti dal lavoro. Generalizzando possiamo dire che il lavoro è stato al centro di un imponente processo di razionalizzazione. Infatti razionalizzare il lavoro significa coordinare gli sforzi; e al giorno d'oggi la maggor parte dei prodotti sono il risultato di produzioni coordinate, in cuiognuno somma le sue competenze. La coordinazione può avvenire in due modi: nel caso in cui due persone collaborino ad uno scopo svolgendo due attività identiche, oppure differenti ma correllate.

LA SEMPLIFICAZIONE

In altri termini si può dire che razionalizzare il lavoro significa semplificarlo. Con l'introduzione della manifattura, avventuta tra il XVIII e il XIX, il modo in cui erano tradizionalmente organizzati il lavoro e la produzione venne rivoluzionato. Gli operai vennero sostituiti da operai concentrati su un unico lavoro, con orari e movimenti precisi, settoriali, ovvero semplici. Il lavoro si inserisce dunque in una struttura organizzativa rigida.

LA STANDARDIZZAZIONE

Da un ulteriore punto di vista, la razionalizzazione è sintomo di standardizzazione e organizzazione. Infatti la semplificazione delle mansioni comporta il possibile assolvimento di un compito da parte di infiniti operai facilmente sostituibili e di coordinare in maniera ottimale di operai correllati ai macchinari. Per questo furono portate avanti diverse rivoluzioni delle fabbriche, una delle quali rappresenta l'introduzione della catena di montaggio da parte di Taylor

  e Ford. In questo modo il lavoro operaio perse di qulunque margine di discrezionabilità e libertà operativa del lavorare.

Per Taylor nel settore industriale esistevano due tipi di lavoratore: gli operai generici e gli uomini di valore, ovvero coloro che corrispondevano alle esigenze di produzione in serie. Questi, rispettando le regole dei propri superiori riescono a quadruplicare la loro produttività. 

 

DOMANDE PAGINA 299

1.la razionaizzazione del lavoro comporta il coordinamento degli sforzi poichè il suo fine ultimo è quello di ottenere un prodotto nel minor tempo possibile.

2. la semplificazione e la standardizzazione del lavoro comporta una maggiore fluidità e velocità della produzione.

3. la manifattura ha portato al rivoluzionamento del sistema produttivo poichè introduce il concetto di specificità di competenze produttive.

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