martedì 24 novembre 2020



MARCEL MAUSS E L'ECONOMIA DEL DONO

Nel saggio Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, l'antropologo francese Marcel Mauss propone una teoria che avrebbe rivoluzionato le basi dell'antropologia moderna: la “teoria del dono”. Questa teoria è il frutto della comparazione di varie ricerche etnologiche compiute sul campo da studiosi come Boas, Malinowski ed altri collaboratori; quest'ultimi fornirono a Mauss un'ampia gamma di documenti ed esempi differenti di una pratica economica molto diffusa sia tra le società arcaiche che tra quelle dotate di un economia più sviluppata e complessa: l'economia del dono.
L'economia del dono, consiste nello scambio di beni il cui valore intrinseco non è considerato un dato rilevante, e , secondo la teoria di Mauss, questo scambio avrebbe avuto un ruolo centrale nella creazione di relazioni sia tra uomini che tra uomini e divinità. Il dono sarebbe infatti capace di gettare un ponte tra l’uomo e il divino, ma anche tra uomo e divino. Applicando questo principio alla pedagogia di Fröbel, donare gli oggetti ai bambini crea un ponte tra il pedagogista e il bambino, ma anche tra il bambino e la sua coscienza. In questo senso, il dono sarebbe il rinforzo positivo, che a differenza del rinforzo negativo, va a creare un legame tra le due parti; sopratutto se, come in questo caso, il rinforzo è ingiustificato.
Secondo Mauss, il dono rappresenta “fatto sociale totale”, vale a dire un che esso è un elemento specifico di una cultura, che pone un individuo in relazione con tutti gli altri appartenenti alla stessa cultura.
Come dicevamo poco sopra, il meccanismo del dono è diverso da una qualsiasi altra economia basata sul valore dell’oggetto e nel suo saggio Mauss scompone la pratica del dono in tre distinti momenti che si basano su quello che l’autore avrebbe definito un
 principio della reciprocità”.
Questi tre momenti costituiscono di base tre azioni: il Dare, ovvero l’atto pratico di eseguire il dono, offrendo un bene, servizio o altro ad un altro individuo, divinità o comunità; nella seconda fase, quella del Ricevere, l’oggetto donato deve essere accettato da chi sta ricevendo il dono; l’accettazione del dono conduce alla terza fase, ovvero quella del Ricambiare, una fase particolare che rappresenta il vero momento di distacco tra l’economia del dono ed un qualsiasi altro tipo di economia basato sull’equivalenza del valore dei beni scambiati. L’obbligo “contrattuale” del ricambiare il dono ricevuto è in realtà un semplice obbligo morale. Questo significa che una volta accettato il dono, nulla vieta al ricevente di non ricambiare, ed è proprio in questo “atto di fiducia verso gli altri” che, secondo Mauss, è possibile rintracciare il vero valore della pratica del dono: l'assenza di garanzie per il donatore.
Per evidenziare questa assenza di garanzie Mauss propone nel saggio alcuni interessanti eempi di economia del dono, come il potlatch, osservato e documentato da Boas, ovvero una pratica cerimoniale che all’epoca si svolgeva tra alcune tribù di Nativi Americani della costa nordoccidentale del Pacifico, come gli Haida, i Tlingit, i Tsimshian, i Salish, i Nuu-chah-nulth e i Kwakiutl. Durante la cerimonia del Potlatch, individui appartenenti allo stesso status sociale procedono con la distribuzione o la distruzione di beni di grande valore, in questo modo possono affermare pubblicamente il proprio rango o riacquistarlo in caso lo abbiano perso.
L'economia di mercato si ispira all'avere più che al dare: il soggetto dell'azione non è dunque una seconda persona, ma la persona stessa che compie l'azione. Tuttavia esiste una forma di economia simile, l'economia della comunione, i quali fondamenti sono stati descritti da Chiara Lubich.
Le pratiche di condivisione di informazioni, esistenti all'interno delle comunità odierna sono state analizzate da Marco Aime e Anna Cossetta, come pratiche del donare che si muovono sulla stessa linea delle teorie di Mauss: nel caso ad esempio di Wikipedia, chi dona la creazione di una voce o l'approfondimento di un'altra già esistente, compie un dono che viene ricevuto da chi accederà a quelle informazioni e a sua volta contraccambierà, producendo così una forma di conoscenza partecipata. 


lunedì 23 novembre 2020


I CONSUMI DELLA SOCIETA' POSTMODERNA: IL CONSUMISMO

 Nella società postmoderna, il consumo è un'attività che sta acquisendo una sempre maggiore portata.       Il consumo può essere inteso, sia dal punto di vista economico che sociologico: l'acquisto di un bene o un servizio nel primo caso, oppure l'uso di quel bene o servizio nel secondo caso.

Dopo la seconda guerra mondiale, la capacità di consumo dei beni venne estesa a strati sempre più ampi della popolazione, chiamati ad assorbire, con i loro acquisti, i prodotti realizzati da industrie desiderose di vendere. Il consumo, è dunque un ingranaggio senza il quale l'organo del capitalismo non funzionerebbe. Si può infatti descrivere il sistema industriale come un processo a spirale, che gli studiosi chiamano sviluppo o crescita dell'economia: le industrie producono beni che devono essere venduti e consumati, affinché ci sia bisogno di produrre altri beni, per sostituire quali consumati in modo tale da mantenere attivo il meccanismo produttivo.

Come già accennato precedentemente, nel corso del Novecento, le classi in grado di consumare divennero molto più estese. Inoltre, in breve tempo, l'offerta di prodotti industriali per ciascuna tipologia di beni si è moltiplicata, rendendo necessario differenziarla, in base alle sue caratteristiche; parallelamente, si diffuse il fenomeno pubblicitario per promuovere i prodotti ed indurrebbe persone comprarli. Da qui nacque il consumismo, ovvero la tendenza a consumare più beni di quelli di cui si ha una reale necessità.

Oltre che i beni materiali, la società consumistica ricerca i cosiddetti beni intagliatili, ovvero non materiali, come vacanze, viaggi, spettacoli, ecc.

Nelle pratiche del consumo, hanno 4 caratteristiche principali:

  • le marche permettono ai consumatori di distinguere i beni ed esprimere le loro preferenze, e alle aziende di farsi riconoscere; al contempo, in base alla percentuale di acquisto possono differenziare la loro offerta.
  • le grandi marche commercializzano in tutto il mondo, proponendo stili di vita globalizzati; allo stesso tempo, vengonoutilizzati dalle singole culture per creare una loro identità e raccontando qualcosa di loro.
  • la grandissima offerta di stili di vita diversificati, crea identità sociali mutevoli.
  • questa mutevolezza, alimenta nelle persone un senso di incertezza, che al contempo aumenta il consumo, nella ricerca del prodotto più rappresentativo per l'individuo.

DOMANDE PAGINA 321
1. maggiormente aumenta l'offerta e più si diversifica, più cresce la necessità da parte degli individui di acquistarli: in questo modo l'economia cresce.
2. il consumismo è una tendenza degli individui di comprare beni di cui non sentono realmente bisogno.
3. il consumismo interessa prodotti intangibile, perché si basa sull'acquisto anche di beni che non sono materiali, come viaggi e spettacoli.
4. la caratteristica della postmodernità che meglio coincide coincide con il consumismo è l'allargamento della facoltà di acquisto ad un numero sempre più elevato di persone e classi sociali.

 L'INCONSCIO COLLETTIVO E GLI ARCHETIPI

https://wsimag.com/it/arte/18905-de-romanis-e-il-mondo-archetipo
Dal punto di vista psicologico, è possibile studiare come gli stereotipi si siano andati ad inserire nella società. Lo psicoanalista della scuola freudiana, Carl Gustav Jung condusse molti studi a riguardo, e offrì delle valide argomentazioni.
L'inconscio junghiano contempla anche  un inconscio collettivo, che contiene le tracce del passato umano. In esso sono presenti gli archetipi, immagini primordiali universali: la madre, la nascita, l'eroe, il fanciullo, il vecchio, l'animale, e si originano dalle esperienze passate dell'umanità.

Non esiste e non può esistere un'esperienza se non c'è una preparazione psichica innata, costituita da questi archetipi, che sono però ancora privi di contenuto: acquisteranno contenuto quando si imbatteranno in fatti empirici i quali toccano la preparazione inconscia.
Jung, chiarisce la definizione di archetipo, prendendo come esempio gli archetipi Anima, Animus, Persona e Ombra. L'Anima sono le componenti femminili nell'animo maschile (sensibilità, intuizione), e viceversa l'Animus sono le componenti maschili nell'animo femminile (determinazione, volontà). La Persona è ivece l'immagine pubblica dell'individuo, dunque il ruolo che esercita di fronte agli altri. L'Ombra è la componente irrazionale e istintuale dell'individuo.


LE RELAZIONI DI GENERE NELLA SOCIETA' POSTMODERNA

 Nella società odierna, i ruoli di genere nel contesto familiare, stanno perdendo di rigidità e quindi portando alla necessità di autodeterminarsi. Ciò può causare spesso molti disagi all'interno di alcune coppie, mentre in altre unicamente un cambiamento di stile di vita. In generale però, si può dire che si ha una più ampia condivisione famigliare delle scelte e delle responsabilità, che passano attraverso la discussione e la condivisione delle opinioni personali.

L'origine di questo fenomeno è dovuta al dibattito, insorto nel 1960, sulla parità tea uomo e donna. In particolare furono le donne che posero sotto riflessione il loro ruolo e tentarono di creare un equilibrio tra i due sessi; furono fatti istituiti nuovi spasi nell'ambito del diritto e del lavoro. Ad oggi, questa lotta è portata avanti non solo in Europa, ma anche nei Paesi in via di sviluppo, all'interno die quali il divario è ancora più profondo.

Come conseguenza della rivalutazione del ruolo femminile, anche il ruolo maschile venne messo sotto esame: infatti nelle culture occidentali, alcuni stereotipi legati al ruolo maschile stanno iniziando a perdere di peso. La supremazia che l'uomo ha storicamente avuto sulla donna, oggi è visto come un privilegio da combattere, oltre che come una limitazione; infatti, diversi studi hanno dimostrato come il sessismo della società, abbia portato gli uomini a cedere una parte del loro carattere, archetipicamente femminile.


DOMANDE PAGINA 319

1. la crisi dei ruoli familiari può causare spesso molti disagi all'interno di alcune coppie, mentre in altre unicamente un cambiamento di stile di vita.

2.le questioni di genere si sono evolute grazie alle domande che le donne hanno iniziato a porsi riguardo al loro ruolo sociale.

3. gli studi sulla condizione maschile hanno evidenziato come il sessismo della società, abbia portato gli uomini a cedere una parte del loro carattere, archetipicamente femminile.


domenica 22 novembre 2020


L'AIUTO AI RAGAZZI
Oltre che ai bambini, la maggiore accortezza educativa venne rivolta anche ai ragazzi che riversavano in condoni sociali difficili.
Furono diverse le istituzioni che si occuparono di  fondare strutture che li salvaguardassero, come ad esempio la chiesa sia cattolica che protestante, con iniziative similari. Ricordiamo a tal proposito Giovanni Bosco e Leonardo Murialdo a Torino o Luigi Aiello a Napoli.
In campo laico ebbero importanza le azioni dei gruppi mazziniani, e dopo l'unità della massoneria, attraverso le Società operaie di mutuo soccorso e le Leghe per l'insegnamento. Significativo fu anche l'intervento della filantropia ebraica, le cui radici affondavano in una lunga tradizione  di rispetto della giustizia, che si intrecciò dunque con la necessità di creare una società ordinata. Si tentava parallelamente di valorizzare le potenzialità dell'individuo e le sue possibilità di riuscita; è un concetto che si rifà al self-helpismo inglese, il quale afferma che la riuscita nella vita dipende dalla volontà personale e dal desidero di affermazione. Differentemente, le iniziative religiose avevano lo scopo di salvare anime dei giovani che avrebbe condotto, in modo naturale, alla formazione del buon cittadino.
Le due visioni erano in concorrenza: da una parte i cattolici consideravano la fede religiosa come fondamento della vita civile, mentre i laici puntavano ad una società in cui la religione fosse puramente un'esperienza personale. In ogni caso, entrambe non avevano alcuna  elaborazione pedagogica vera e propria, ma si occupavano di rispondere alle immediate esigenze dei ragazzi: assistenza materia, ospitalità, istruzione, lavoro. Infatti, passarono alla storia come iniziative molto efficaci, ma povere in elaborazione teorica. Entrambe avevano inoltre una funzione preventiva, che si traduceva però in maniera rude, che faceva prevalere l'interesse generale su quello personale. 

DOMANDE PAGINA 304
1. le città erano ricche di ragazzi poveri, i quali causavano problemi di delinquenza.
2. furono create delle strutture, sia laiche che religiose, che aiutassero questi ragazzi.
3.i cattolici sostenevano che con la cura dell'anima si sarebbe costituito un buon cittadino.
4.i laici desideravano rendere la società decongestionata in cui la religione fosse unicamente una pratica personale.



LA PEDAGOGIA DI FRIEDRICH FRÖBEL

Friedrich Fröbel, nato il 21 aprile 1782 in Germania, è stato un pedagogo tedesco, colui che ha teorizzato il concetto di “kindergarten” o “scuola materna”. 

L'EDUCAZIONE NATURALE

Secondo Fröbel, lo scopo dell'educazione, come afferma nella sua opera L'educazione dell'uomo, è la conoscenza della natura nel suo aspetto che coincide con l'essere umano e accompagnare l'autorganizzazione personale: l'intera natura sarebbe guidata da un'anima, ovvero una forma di intelligenza immanente, che regola sia la forma, che l'evoluzione delle cose. Per questo egli rifiuta la teoria della tabula rasa, e tramite una metafora naturalistica rousseuniana, afferma che l'apprendimento è fattibile se vengono seguite le esigenze individuali e naturali del fanciullo. Sono queste le premesse sulle quali egli basa la sua proposta di educazione infantile nei termini di un giardino: egli fona a questo proposito i Kindergarten, come alternativa all'educazione prescolare tradizionale. Fin da subito si configura come un modo per rompere con un modello di scuole di massa a struttura chiusa che non contemplava il contatto diretto dei bambini con il loro ambiente naturale.

Inoltre, Fröbel ripensa anche la struttura della famiglia e le pratiche genitoriali, che secondo lui dovrebbero essere rafforzate da un’istituzione pubblica e professionale che agisce di pari passo. Fröbel era discepolo di Pestalozzi, che delegava molte responsabilità dell’educazione dei bambini alle madri.  Tuttavia, Fröbel, pur prendendo spunto da questa idea iniziale, difende anche un’educazione che prosegue con questo lavoro al di fuori dell’ambiente familiare. Per Fröbel dovrebbe esistere, oltre alla funzione educativa assegnata alle donne, come sosteneva Pestalozzi, anche un’istituzione pubblica responsabile della formazione dei bambini in età prescolare. Pertanto, il kindergarten rappresentava un compromesso tra l’educazione dei bambini in casa e quella sviluppata in un’istituzione creata con questo scopo. Secondo questa teoria, limitando le sue lezioni a tre o quattro ore al giorno, la scuola materna avrebbe avuto il compito di completare l’educazione del bambino e non di soppiantare la famiglia.

L'IMPORTANZA DEL GIOCO

Nella sua filosofia, il bambino non è più solo una creatura da proteggere, ma detentore di diritto al gioco e di apprendimento. A proposito, rifacendosi alla filosofia naturale di Schiller, Fröbel concepisce il gioco come attività capace di far crescere il bambino secondo il suo ritmo e di cogliere in maniera intuitiva l'essenza della realtà e i processi del divenire naturale. Nonostante molti pedagogisti considerassero il gioco come distrazione e ricreazione, per Fröbel è invece il centro dell'educazione infantile: strumento per favorire l'espressione in maniera creativa e in stretto contatto con il linguaggio.

LA TEORIA DEI DONI

 Su questa base si sviluppa l'idea dei doni, cioè di giocattoli dotati di potere simbolico, capaci di far intuire al bambino le leggi del mondo. Al progredire del gioco, i doni hanno proprietà sempre più difficili da intuire. I primi sei che vengono introdotti al bambino hanno la funzione di insegnare le proprietà generali dei corpi, in particolar modo delle forme geometriche: il primo è la palla ed è, secondo Fröbel, il punto di partenza di tutte le altre forme. Il secondo dono è composto da una sfera, un cilindro ed un cubo. Fröbel volle che questi oggetti fossero accompagnati da alcuni versi cantati, non solo per far si che il bambino imparasse il linguaggio o sviluppasse l'udito, ma perché riuscisse a sviluppare idee chiare e distinte tra cui l'idea del calcolo. Il terzo dono, un cubo diviso in otto parti, dovrebbe far risvegliare nel bambino il senso dell'intero e della divisibilità dei corpi. Il quarto è un cubo diviso in otto mattoni mediante tre divisioni orizzontali e una verticale. Il quinto è invece, un cubo diviso obliquamente in ventisette cubi. In questo modo sarà facilitato l'insegnamento del calcolo. Infine, l'ultimo dono consiste in un cubo diviso in ventisette mattoni. Esso si ricollega al quarto dono ed è la progressione del quinto.

Secondo Fröbel, grazie a tutti questi doni, il bambino dovrebbe acquisire l'idea dei solidi e le loro dimensioni (altezza, larghezza, lunghezza), esistono poi doni complementari che fanno procedere lo sviluppo intellettuale del bambino verso l'astratto.


LA FORTUNA DI FRÖBEL

La pedagogia di Fröbel tardò ad avere successo, poiché le sue idee sembravano troppo innovative per la realtà del tempo. Infatti, il primo asilo aprì nel 1937. Da questo momento in poi, le sue idee pedagogiche vennero  sviluppate e messe in pratica nei modelli istituzionali come la scuola materna e successivamente si sono estesi in tutta Europa e in tutto il mondo, arrivando fino ai giorni nostri. Questo fu possibile grazie ad un'appassionata sostenitrice di questo modello, Bertha von Marenholz-Bülow.


DOMANDE PAGINA 302

1. le riflessioni che portarono alla nascita dell'idea di giardino, riguardano la filosofia naturale, secondo la quale lo sviluppo dell'uomo va di pari passo con la natura.

2.Fröbel riprese da Rousseau l'esaltazione dello stato di natura, mentre da Pestalozzi l'idea che nel processo educativo fosse importante il ruolo della madre, anche se non nella stessa misura.

3. i doni erano oggetti geometrici dati ai bambini, la cui complessità progrediva con l'avanzamento del processo d'apprendimento, i quali portavano il fanciullo a dedurre i concetti di forma, colore, volume. 

4. l'autore non ebbe subito fortuna, in quanto le sue teorie vennero inizialmente considerate troppo innovative per la società dell'epoca.


LE PRIME SCUOLE INFANTILI

Le prime iniziative dirette specificatamente all'infanzia furono avviate in Inghilterra e in Francia. Nel 1816 l'industriale e filantropo Robert Owen, in Scozia, aprì una classe per i bambini più piccoli, nella quale venivano insegnate geografia, storia naturale, intervallate da danze e canti. Sul suo esempio, la stessa iniziativa fu intrapresa a Londra, nei cosiddetti Westmister free day infant asylums. Le scuole disponevano di un cortile per gli esercizi fisici, ai bambini più pisoli era insegnato l'alfabeto in forma di gioco, e i più grandi imparavano la matematica e lo scrivere cantando. Il programma di queste scuole fu poi stilato da un organizzatore: Samuel Wilderspin. 

Nello stesso periodo, queste iniziative furono intraprese anche in Francia con Madame de Pastoret e Jean-Marie Cochin. A questa seguirono molti paesi europei.  Anche in Italia, sorse questa iniziativa a partire dagli anni 20, da parte di alcuni esponenti della nobiltà piemontese come Tancredi e Giulia di Barolo. 


IL FENOMENO IN ITALIA

Il principale artefice della pedagogia infantile in Italia fu Ferrante Aporti. Egli infatti poneva molta attenzione nella formazione precoce dei bambini piccoli. Secondo la sua opinione, le difficoltà riscontrate nelle classi prime delle scuole elementari erano date da una cattiva formazione precedente e dalle cattive informazioni raccolte in famiglia, oltre che dal ambiente malsano delle aule stesse. Dunque, egli proponeva  un'anticipazione della scuola elementare, destinata ai bambini dai due anni e mezzo, fino ai sei.  Il programma di questi potenziali istituti, proponeva una buona assistenza materiale ai fanciulli, ma sopratutto mirava alla loro formazione morale, fisica ed intellettuale.

Per molti versi, il programma di Aporti appariva molto simile a quello di Welderspin, sopratutto nella concezione della religione come base dell'educazione morale,  la valorizzazione dello spirito imitativo di figure esemplari e l'importanza dell'esercizio fisico.

Emergono però alcune differenze: Aporti fu molto più attento all'utilizzo appropriato della lingua da parte dei bambini, i quali dovevano sviluppare le loro capacità grammaticali; insistette inoltre sulla pulizia, sulla cura del corpo, del vestiario e dell'alimentazione. Inoltre, al contrario del modello inglese, Aporti escludeva completamente le punizioni, quali potevano essere privazioni del cibo, del gioco, isolamento dai compagni, ecc.

Inizialmente il modello scolastico di Aporti  di istituto pre scolastico, nel quale venivano apprese già in tenera età le fondamenta del sapere, ebbe molto successo: era in atto la prima rivoluzione industriale, durante la quale i bambini iniziavano a lavorare già da molto piccoli, dunque un'iniziativa del genere costituiva la loro unica possibilità di imparare tali saperi; conosce però il suo declino quando subentrò l'esperienza dei giardini dell'infanzia di Fröbel, più attenti alle necessità psicologiche dei bambini.

 

DOMANDE PAGINA 298

1. Robert Owen fu colui che per primo istituì una casse scolastica per i bambini molto piccoli e poveri.

2. In Francia vennero applicate iniziative simili a quelle inglesi, per l'educazione dei bambini.

3, Aporti proponeva un istituto prescolare, nei quali i bambini potessero imparare i rudimenti del sapere, prima di essere inseriti in un istituto scolastico vero e proprio.

4. il successo iniziale della pedagogia di Aporti, si deve alla prima rivoluzione industriale, durante la quale   i bambini iniziavano a lavorare già da molto piccoli, dunque un'iniziativa del genere costituiva la loro unica possibilità di imparare a leggere, scrivere e far di conto.


PEDAGOGIA

L'INFANZIA NEL XIX SECOLO

 A partire dal 19esimo secolo si andò ad affermare un nuovo interesse nei confronti dell'infanzia, differente dal precedente e più forte, legato a motivi romantici: la scoperta di un'età capace di vedere il mondo attraverso gli occhi dell'ingenuità e del sentimento, da crescere e correggere attraverso l'affettività.

Un altro fattore di rilievo fu la crescente attenzione nei confronti della medicina, della crescita fisica e delle condizioni igieniche, sia da parte delle famiglie borghesi che di quelle più popolari. Questa maggiore attenzione divenne un fattore di prima necessità della società dopo il 1815: infatti, dopo lunghe guerre si conobbe finalmente un periodo di pace e benessere, che comportò un aumento della percentuale di nuovi nati. Nonostante questo, le condizioni di vita sia nelle campagna che nelle città, rimanevano deprecabili. Si andarono ad instaurare fenomeni come il vagabondaggio e l'accattonaggio da parte dei bambini, i quali cercavano denari per le famiglie. Inoltre, nei paesi in cui si sviluppò la prima industria, sempre più madri vennero impiegate nel lavoro extra casalingo, lasciando soli i figli e molto spesso abbandonandoli. Le condizioni di lavoro erano inoltre promiscue e molto spesso venivano portate a casa diverse malaria.

Per questi motivi, comparvero in Europa molte iniziative educative e di assistenza, in favore di bambini e ragazzi. In particolare, si moltiplicarono le scuole infantili, grazie alla nuova considerazione dell'infanzia come età da proteggere. 


DOMANDE PAGINA 295

1. la nuova concezione dell'infanzia nacque come risposta alle problematiche di vita infantile che si riscontrarono durante il 19esimo secolo.

2. i bambini erano molto spesso abbandonati dalle madri lavoratrici, vivevano in condizioni igieniche pietose ed erano analfebatizzati.

3. questo fenomeno fu generato dalla nascita della società industriale, la quale introdusse la figura della madre lavoratrice, la quale appunto, per lavorare, molto spesso abbandonava i figli.

sabato 21 novembre 2020

CONDIVEDERE CONVIENE?

 A proposito dell'economia collaborativa gli esperti si mostrano molto positivi, in quanto andrebbe a ridurre i problemi legati al capitalismo: lo spreco, l'inquinamento, la sovrapproduzione. Tuttavia si è andato a creare un dibattito, tra chi la considera l'idea che rivoluzionerà il secolo e chi ne evidenzia alcune contraddizioni.

Viene fatto l'esempio della cosiddetta cooking sharing, ovvero la condivisione di esperienze culinarie tra sconosciuti. In effetti, rende più accessibili determinati beni, ma al contempo è una situazione applicabile unicamente a chi è economicamente agiato. Ma l'invenzione di questo meccanismo, ha creato delle nuove situazioni di cui prima non si credeva di aver bisogno: mentre ora, ogni si sente la necessità di condividere ogni momento. Per questo, non va a diminuire la concezione capitalista, quanto ad aumentarla.


IL CAMBIAMENTO DELLE OCCUPAZIONI

 Se il periodo di industrializzazione (seconda rivoluzione industriale) ha portato ad una graduale incentivazione del lavoro nelle fabbriche, durante la postmoderni questi impieghi hanno iniziato un processo di declino: ad oggi sono molte di più le persone che lavorano in uffici, nel commercio, oppure come liberi professionisti. Questo mutamento prende il nome di "terziarizzazione dell'economia", poiché si fonda sullo sviluppo del settore terziario, ovvero quello dei servizi.

Infatti, nei paesi occidentali, oggi solo una parte minoritaria della società è impiegata nell'industria o nell'agricoltura. Questo accade perché la terziarizzazione dell'economia ha portato ad una modificazione del mercato ed a un aumento della domanda tale che è stato necessario introdurre macchinari che velocizzassero la produzione. Al contrario invece. nei settori terziari si sono moltiplicate le possibilità occupazionali, con conseguente innalzamento del tenore di vita.


LA FLESSBILIZZAZIONE DEL LAVORO

Se la razionalizzazione de lavoro aveva condotto ad una severità nei confronti degli orari lavorativi e delle mansioni svolte, ai lavoratori ora viene chiesto di essere flessibili nei confronti delle attività lavorative. Concretamente, ad oggi si riscontra un grandissimo numero di lavori precari, giuridicamente ambigui, poco protette sul piano della prevenzione, rispetto a quelli stabili. Tuttavia la flessibilizzazione del lavoro si rivela molto spesso utile per le imprese, che riescono a razionalizzare e a ridurre di molto le loro spese. Però, questo causa nei lavoratori un grandissimo stress psicologico: a differenza della prima metà del novecento, la dimensione lavorativa non è più fonte di sicurezza.


LA SHARING ECONOMY

Negli ultimi anni si è andato a contare un nuovo approccio al lavoro e alle attività economiche, basato su relazioni collaborative: esso viene chiamato economia collaborativa o della condivisione. Ne fanno parte, per esempio, gli spazi ambitativi o lavorativi con sale comuni, in cui le persone possono incontrarsi e condividere esperienze e beni. Però, il mezzo che rende questo processo maggiormente facile è il supporto digitale, che permette alle persone di scambiare competenze, condividere tempo e denaro, senza conoscersi ma aderendo ad una comune filosofia collaborativa.

Secondo gli esperti, questo atteggiamento, sta andando a generare un nuovo stile di vita, basato su uno sfruttamentoo delle risorse più equilibrato, poiché favoriscono l'accesso ai beni a posto della loro proprietà, il riuso invece dell'acquisto e il risparmio grazie alla messa in comune delle competenze.


DOMANDE PAGINA 317

1.il fenomeno che interessa il mondo del lavoro nei paesi occidentali è la terziarizzazione del lavoro.

2. il numero degli occupanti è diminuito, perché è stato resa necessaria una velocizzazione della produzione, attraverso i macchinari.

3.la flessibilizzazione del lavoro riduce di molto i costi delle industrie, ma al contempo genera uno stress psicologico nei lavoratori, i quali non possiedono un posto sicuro.

4. la sharing economy è un'economia basata sullo scambio di bende esperienze, che avviene pricipalmente all'interno dei supporti tecnologici.


SOCIOLOGIA

IL DIBATTITO SULLA POST MODERNITA' 

L'avvento della cosiddetta società post-moderna, si ebbe dopo la seconda rivoluzione industriale e presenta caratteristiche talmente particolari da dover essere studiata nel dettaglio.

Il concetto di società postmoderna si ebbe grazie Jean-François Loytard, il quale definì così la società del 1960. Egli affermò come la società di quel tempo fosse caratterizzata dalla "fine delle grandi narrazioni", ovvero quelle grandi spiegazioni sull'origine dell'umanità, insorte nei scoli; ora l'uomo non si interroga più riguardo alle sue origini, al suo passato, perché non ne è più interessato. Questo disinteresse nasce fondamentalmente da uno scetticismo nei confronti del progresso: scopare l'utopia dei grandi ideali di innovazione nel futuro.

Quando si parla di società postmoderna, gli studiosi tendono a prendere generalmente due posizioni: chi approva l'utilizzo del termine in quanto vede in quell'epoca qualcosa di peculiare, e chi invece afferma che non vi sia nulla di nuovo. Ad esempio, Jürgen Habermas rifiuta in modo assoluto questo concetto, in quanto affibbierebbe del fallimento alla società: al contrario di quello che sostengono i teorici del postmoderno, non è che sia scomparso l'ideale di miglioramento nell'uomo, semplicemente è incompiuto. Sulla stessa linea si muove il pensiero di Anthony Giddens,  il quale afferma che più che la decadenza vista da Loytard, non è altro che un richiamo a valori passati: non si vede una rivoluzione, semplicemente perché non è in atto. Egli suggerisce che sia preferibili il termine "tarda modernità".

Sull'estremo oppposto, come afferma Zygmun Baumann, la post-modernità sarebbe contraddistinta dalla frammentazione, la molteplicità di riferimenti alternativi e contraddittori e il dissolvimento di valori una volta ritenuti validi, quali stato e religione.


LE CARATTERISTICHE DELLA SOCETA' POSTMODERNA

Al di là dei dibattiti, gli studiosi hanno individuato quattro caratteristiche generali della postmodernità:

  • la centralità del sistema d'informazione e comunicazione: la società contemporanea è anche detta società della conoscenza, in quanto ogni giorno vengono aggiunte nuove informazioni al nostro patrimonio culturale. L'individuo non è in grado di aggiornarsi riguardo ognuna di esse, per questo perde ogni punto di riferimento;
  • la globalizzazione e la frammentazione: per quanto ogni paese del mondo si è reso indipendente politicamente ed economicamente, e dunque può permettersi di interagire con altri, al suo interno vivono persone di nazionalità diverse, che possiedono riferimenti culturali diversi;
  • l'accettazione delle diversità: la società moderna vive nella consapevolezza che ogni suo riferimento culturale è mutevole nel tempo, e per questo è più propensa ad accettare le diversità;
  • un diffuso clima di incertezza: in un clima nel quale ogni decisione può e deve essere reversibile(matrimonio, lavoro, scuola, ecc.), prevale la mancanza di certezze e la preoccupazione per il futuro. 


DOMANDE PAGINA 313
1. Lyotard afferma che la società postmoderna è caratterizzata dalla fine delle grandi narrazioni, in quanto gli individui che la compongono hanno smesso di sperare in un futuro migliore per l'intera umanità, e dunque hanno anche smesso di innovarsi.
2. intorno al termine postmoderno si è sviluppato un dibattito riguardo se sia veramente possibile utilizzarlo, dunque se veramente la società stia decadendo, come affermano coloro che sono favore, oppure se è ancora troppo presto per decretarlo, Coe affermano coloro che sono contro.
3. le caratteristiche fondamentali della postmoderni sono la centralità del sistema di informazioni, la globalizzazione e la frammentazione, l'accettazione delle diversità e un diffuso clima di incertezza.


SOCIOLOGIA A COSA PUO' PORTARE L'UTILIZZO DEI MEDIA? Con l'avvento dei meda, molti studiosi iniziarono a domandarsi su quali eff...